Champagne e Spumanti

Metodo Classico • Champagne • Charmat

Gli spumanti si classificano in due modi differenti: secondo i tipi di uve impiegate, distinte in uve a sapore semplice (pinot, riesling, chardonnay ecc.) e uve aromatiche (moscato, malvasia ecc.); oppure secondo la tecnica di elaborazione, che vede il “Metodo classico” tradizionale (spumantizzazione in bottiglia) contrapposto alla lavorazione in autoclave.

Le uve a sapore semplice, senza previa pigiatura, vengono immesse in una pressa pneumatica, dove vengono spremute gradualmente e delicatamente, ottenendo un mosto molto poco colorato (il pinot nero ha ovviamente la buccia nera), che viene posto a fermentare nei tini senza le parti solide (raspi, bucce, vinaccioli).

Questi mosti si fanno fermentare completamente e subiscono gli stessi trattamenti degli altri vini bianchi, cioè travasi fino alla primavera successiva con costanti controlli analitici e organolettici. Poi vengono filtrati e indirizzati alla spumantizzazione. Quanto alle uve a sapore aromatico, la più importante e caratteristica, su scala mondiale, è il moscato bianco. I grappoli vengono pigiati, e la massa fluida di mosto e vinacce viene portata nelle presse dov’è sgrondata. Il mosto viene immediatamente sottoposto a chiarificazione e filtrazione.

Si ottiene così una massa di color paglierino, priva di quasi tutti i lieviti, che viene refrigerata affinché non fermenti, restando quindi dolce: essa costituisce la base dell’Asti spumante ed è subito pronta per la spumantizzazione.

Metodo Classico

Delle due tecniche di elaborazione, la spumantizzazione in bottiglia è il primo metodo di lavorazione sia per nascita sia per risultati qualitativi, e prende il nome di “Metodo classico” in Italia e “Méthode Champenois” per gli Champagne.

Il vino, che ha trascorso l’inverno nelle vasche dov’è stato continuamente tenuto sotto controllo, viene selezionato: solo il migliore avrà l’onore delle bollicine. Quello scelto viene filtrato, addizionato di lieviti e di zucchero raffinato (22-24 grammi per litro) sufficiente per produrre, fermentando, un aumento di 1,3-1,4 gradi d’alcol e per provocare una pressione nella bottiglia di 5-6 atmosfere. Evidentemente è necessario disporre di bottiglie robuste e di tappi a perfetta chiusura, saldamente ancorati. Il tappo con cui si chiude la bottiglia prima della fermentazione è chiamato “tappo di tiraggio”, e altro non è se non un tappo a corona. Le bottiglie riempite e tappate vengono poste orizzontalmente in cataste o in cassoni, dove restano alcuni mesi, durante i quali il vino, rifermentando lentamente, diventa spumante secco, cioè privo di zucchero, essendosi questo trasformato in alcol e anidride carbonica. Successivamente, finita la rifermentazione, i lieviti si depositano sulla parete di fondo. Le bottiglie rimangono così per un periodo che va dai due ai quattro anni.

AI momento opportuno, individuabile mediante assaggi periodici, le bottiglie vengono messe a testa in giù su speciali cavalletti forati, i pupitres, su cui subiscono il remuoge, cioè un insieme di scuotimenti rotatori e assiali quotidiani o quasi. Con questo paziente e delicato lavoro, eseguito da specialisti, tutto il deposito si raccoglie a ridosso del tappo, lasciando il vino perfettamente limpido. A questo punto si può procedere all’operazione finale, il dégorgement, cioè la sboccatura. Le bottiglie capovolte vengono poste in un congelatore dove il tappo e qualche centimetro del collo si trovano immersi in un liquido refrigerante a -24 o -25°C; in pochi istanti si forma nel collo un tappo di ghiaccio che ingloba il deposito; togliendo il tappo a corona, la pressione espelle ghiaccio e deposito.

Se si vuole, si può ancora aggiungere il liqueur d’expedition o sciroppo di dosaggio, che si prepara sciogliendo zucchero nello stesso vino con in più (ma è facoltativo) un po’ di Cognac o di Brandy. A questo punto non resta che chiudere col tappo definitivo e bloccarlo con la gabbietta.

Champagne

Nessun’altra regione vitivinicola può sfidare la Champagne come produttrice del più grande vino spumante del mondo, poi ché nessun’altra è simile a questa regione, in cui le viti devono lottare ogni anno per riuscire a far maturare i propri frutti. I grappoli devono essere raccolti quando hanno raggiunto il giusto equilibrio di ricchezza, estratto e acidità, e ciò si può ottenere solo con il processo di maturazione estremamente lungo che si ha quando la vite cresce in condizioni limite fra il successo e il fallimento. Il terroir della Champagne, caratterizzata da un clima settentrionale freddo e un terreno di colline calcaree bianche, è il segreto della superiorità intrinseca di questo vino. Eppure, se si scoprisse oggi una regione di questo tipo, gli esperti la scarterebbero immediatamente, considerandola inadeguata per la viticoltura e pertanto economicamente rischiosa.

Contrariamente a quanto alcuni credono, “Champagne” non è un termine generico utilizzabile per qualsiasi spumante bensì la denominazione protetta di uno spumante ottenuto da uve coltivate all’interno di un’area specifica, definita per legge, del nord della Francia.
In Europa e in diversi Paesi di tutto il mondo esistono leggi rigorose che garantiscono che sotto il nome “Champagne” venga venduto esclusivamente del vero Champagne, ma altrove questo principio non viene rispettato. L’esempio più eclatante di tale abuso è dato dagli Stati Uniti, sebbene la colpa non sia da attribuire solo agli americani, dato che gli champenois hanno sempre testardamente rifiutato anche solo di prendere in considerazione un compromesso, come una denominazione “Champagne Style“. Tenuto conto di tale intransigenza e del fatto che per anni molte delle potenti case produttrici di champagne hanno venduto i loro vini in Sudamerica con il nome “Champana“, si può dire che gli champenois meritano il trattamento riservato loro dagli USA. Nel 1985 fu vietato l’uso del termine “Méthode Champenoise” per tutti i vini prodotti o venduti nella Comunità Europea, ma questo termine, anche se non rappresentava una garanzia, si era mostrato utile per separare. Ora i consumatori devono imparare a destreggiarsi tra le varianti linguistiche in tema Méthode Traditionnelle o Classique a cui si aggiungono il Crémant AOCS in Francia, il Cava DO in Spagna e altri nuovi termini (per esempio “Talento” in Italia).

Le tecniche utilizzate per creare lo Champagne (essenzialmente la seconda fermentazione all’interno della bottiglia in cui il vino sarà in seguito venduto) hanno definito le regole del metodo di produzione dei migliori vini spumanti del mondo. Nella fermentazione iniziale si ottiene un vino secco, fermo, dal gusto molto acido e dal carattere per niente speciale. Tuttavia è necessario che sia così per consentire alla seconda fermentazione (e al successivo processo di autolisi) di produrre l’effetto richiesto sull’aroma del vino.

In altre regioni vinicole i vini migliori di una tenuta provengono da una singola annata. Nella Champagne l’approccio tradizionale non potrebbe essere più diverso, dato che il più classico degli Champagne è quello prodotto attraverso il taglio fra uve di varietà differenti, di annate diverse, provenienti da diverse aree e da più raccolti. La delicata operazione del coupage tra i vini base ottenuti da varietà di uve differenti richiede grande esperienza ed estrema cura. Riuscire ad assemblare una cuvée (ovvero una partita che subirà la seconda fermentazione per diventare spumante) costante, con il caratteristico “stile della casa” mettendo insieme fino a 70 vini di base diversi – ciascuno dei quali può mutare carattere di anno in anno – è un’impresa notevole e in alcuni anni i risultati possono essere migliori che in altri.

L’assemblage viene effettuato nei primi mesi dell’anno successivo alla vendemmia. Nella forma più semplice, senza tenere conto dello stile particolare che di solito caratterizza le diverse case produttrici esso consiste nell’equilibrare le qualità di due o più varietà d’uva fra le tre disponibili.

Lo Chardonnay è il migliore per finezza e longevità potenziale. Il Pinot Nero è la spina dorsale e il corpo di uno Champagne, la reale profondità e ricchezza del frutto. Il Pinot Meunier è un’uva dall’immediato appeal fruttato-floreale e, in una miscela di parti uguali delle tre varietà, è il primo a dominare il vino, soprattutto al naso.

Charmat

L’altra tecnica di spumantizzazione, il metodo Charmat (adottato in Italia soprattutto per l’Asti Spumante), si è poi esteso a tutte le altre tipologie di vino con le bollicine, soprattutto quelle a base di Prosecco, compresi i vini frizzanti i quali, a differenza degli spumanti, hanno una sovrappressione più bassa, compresa tra 1 e 2,5 atmosfere (gli spumanti la devono avere almeno di 3 atmosfere). L’autoclave in cui avviene l’elaborazione è un recipiente d’acciaio inox in grado di resistere a pressioni interne di almeno 10 atmosfere.

Per gli spumanti secchi l’elaborazione in autoclave comincia pressappoco come quella in bottiglia. Il vino pronto per la spumantizzazione, addizionato di una certa quantità di zucchero e di una buona coltura di lieviti, è introdotto nell’autoclave dove fermenta; il processo, che è comunemente chiamato “presa di spuma“, termina normalmente con la completa trasformazione dello zucchero in alcol e anidride carbonica.
Negli ultimi tempi si va sempre più affermando, nell’ottica del persegui mento di una qualità sempre maggiore dei prodotti, una metodologia di elaborazione un po’ diversa da quella descritta (che potremo chiamare della “doppia fermentazione“) la quale prevede, a differenza di questa, un’unica fermentazione, spesso con andamento piuttosto lento, effettuata partendo dal mosto di uva opportunamente conservato in vasche refrigerate fino al momento della “presa di spuma”. In questo modo, si riescono a preservare e a esaltare i profumi primari delle uve di partenza, ottenendo dei prodotti più delicati, fini e gradevoli. Successivamente lo spumante verrà filtrato e imbottigliato con una imbottigliatrice speciale (isobarica) che non fa perdere pressione al vino.