L’Amarone Classico Bertani

è l’eccellenza dell’azienda, il vino che l’ha resa famosa nel mondo:

Bertani è l’Amarone, l’Amarone è Bertani.

La nascita di questo vino è piuttosto recente: è stato pensato e creato tra l’inizio e la metà del 20º secolo. Da subito, il suo fascino è stato legato a questa sua grandissima capacità di invecchiamento, ciò che rendeva “immortali” la freschezza, le fragranze e i sapori di questo vino. La massima aspirazione nel lavoro artigianale era, ed è ancora, vedere, o in questo caso immaginare, il frutto della propria cura, sfidare il tempo portando la nostra testimonianza a generazioni successive.

Nel fascino la sfida: il bisogno di trovare, attraverso la ricerca, il metodo più idoneo per produrre questo vino. Partendo da una selezione maniacale delle uve, questa qualità poteva essere sfruttata solo con un sistema di produzione il meno invasivo possibile, delicato, lento. Nella filosofia dell’alta qualità artigianale bisognava trovare un processo che combinasse l’esatta precisione del gesto manuale, la massima qualità delle materie prime e il rispetto di tutto l’ambiente circostante. Perciò doveva essere un metodo nel quale fosse il tempo a decidere per l’appassimento delle uve, la macerazione e l’affinamento in botte, e non la volontà dell’uomo.

Solo il tempo avrebbe potuto sconfiggere il tempo. Questo lento affinarsi del vino gli permette di sviluppare appieno gli aromi, i profumi e i sentori che ne compongono la sua essenza originale: questo il senso intimo, vero, del rispetto della tradizione. In questo caso lo stile è una conseguenza del credere nelle proprie scelte, nel seguire in maniera coerente una visione, un modo di pensare. Nessun pensiero superficiale è riuscito ad intaccare questo modo di essere che ha visto nascere e morire le mode senza mai perdere la sua attualità.

ab7Tantomeno la tecnologia è mai stata interpretata come una scorciatoia per ridurre quel lento scorrere del tempo che costituisce l’anima dell’Amarone Bertani: nessuna speculazione per rendere questo processo più veloce, più sicuro, meno costoso, perché questo processo è l’Amarone Bertani, così com’è.

 

È un vino che nasce dal ripetersi mai uguale degli attimi e dal lento sovrapporsi dei cambiamenti; questa lunga attesa ci restituisce una lunghissima vita di questo vino unico e ormai irripetibile: il tempo ha sconfitto il tempo.

 

Racconta Ernesto Barbero, enotecnico della casa vinicola Bertani dal 1959 al 1989 Dopo un corso di studi da enotecnico a Conegliano Veneto, terminato nel 1952, la mia esperienza con la casa vinicola Bertani è cominciata nel 1959, in occasione di un primo incontro con il Cavalier Guglielmo Bertani.

ab5Mi aveva interpellato per conoscere il mio giudizio su una serie di vini recioti, collocati nelle cantine di Villa Novare e a Grezzana di Valpantena, che erano sfuggiti al controllo degli zuccheri, diventando troppo secchi. Al contrario, gli assaggi mi avevano emozionato, quel vino mi entusiasmava. Ho elaborato la prima annata di Amarone, il 1958, con una dose di zuccheri piuttosto alta (2,8-3%) in base ai suggerimenti dei degustatori, prevalentemente veronesi, affezionati alle loro tradizioni. Non ritenevo questo vino adatto al consumatore metropolitano: era troppo dolce, e troppo distante dall’esempio dei migliori baroli che il mio titolare mi aveva portato nel richiedermi un nuovo prodotto. Ne preparai una piccola partita, confezionata in forma artigianale in bottiglie chiuse con delle capsule a base di cera lacca sul tappo. Fu fatto assaggiare nel mondo. 20 anni dopo, in uno dei migliori alberghi di New York, ho potuto gustare questo vino con Gaetano Bertani. Al tempo in cui l’avevo imbottigliato non ero per niente convinto del risultato, ma quando mi è stata riproposta una di queste bottiglie ab6campione non ho avuto dubbi: era una meraviglia. Era maturato in una maniera incredibile, gli zuccheri si erano amalgamati, nella bottiglia aveva guadagnato tantissimo. Era buonissimo.

Dopo questa prima annata, Bertani si era ormai convinto che la mia idea non fosse del tutto campata in aria. Mi lasciò fare: assemblai alcuni recipienti della vendemmia 1959, questa volta cercando caratteristiche difficilmente imitabili e più compatibili con i gusti di fuori zona. Li sottoposi a stabilizzazione e ricavai 187 quintali di prodotto, una vasca, procedendo a tre imbottigliamenti separati. Era nato il vero Recioto-Amarone Bertani. L’Amarone mi dava tanta soddisfazione. Durava nel tempo. Anzi, migliorava nel tempo. Dimostrava di avere delle doti organolettiche e delle caratteristiche di struttura che ne consentivano il mantenimento anche per molti decenni. Le uve che lo componevano erano scelte accuratamente.

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A farne un vino speciale era anche l’opera dell’uomo, che si dedicava alla viticoltura con passione. Mettevamo i grappoli, selezionati tra i migliori e trasportati in azienda in platò in un solo strato, ad appassire negli uvari, prestando la massima cura a togliere ogni acino guasto. Sulle stuoie di canna dette “aréle”, l’uva veniva stesa in ordine, e venivano scartati tutti gli acini ammaccati o troppo maturi, per evitare che fermentazioni indesiderate prendessero il sopravvento. Nel contempo cercavamo di incentivare accuratamente la “botrytis cinerea” (marciume nobile), che con la sua attività metabolica contribuisce ad affinare l’aroma del vino, stando invece attenti a togliere il marciume rosso. Era in particolare l’uva Molinara, con la sua pruina, che riusciva a dare più botrytis cinerea rispetto ad altri tipi di uva, come Corvina, Corvinone, Corvina Rossa e Rondinella. E poi c’era la cantina: in cantina tenevamo separati i produttori, la provenienza dell’uva e il vigneto. La vinificazione veniva fatta in tini piccoli, da 50 quintali, messi a invecchiare per conto loro.

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L’annata 1964

1964: diario di Ernesto Barbero

«A giornate di sole caldo si alternano serate rinfrescate dalla brezza di montagna, fredda e asciutta. Molti cedono i piani alti delle abitazioni all’uva, per favorirne l’arieggiamento e tenere lontana l’umidità, soprattutto quando la nebbia autunnale ne minaccia la buona conservazione. Gli artigiani, con mezzi rudimentali ma efficaci, sono in grado di deviare il percorso delle arie adattandosi alle varianti stagionali, tenendo lontani insetti, topi e uccelli. In famiglia va tutto bene, le mie figlie sono ancora piccole e tutti godiamo di buona salute. Io ho 31 anni, mamma e papà, anche se lontani, mi incoraggiano e mi trasmettono la loro buona volontà. Mi consulto quotidianamente con il Cav. Guglielmo Bertani; lui ha poco più di 60 anni, ha tanta buona esperienza e crede in me. Accanto a noi c’è uno staff eccezionale, sia in ufficio, sia in cantina. Tutti provengono da queste terre e amano il proprio lavoro. Le maestranze di stampo artigianale mi consigliano sulle loro abitudini e ascoltano con attenzione i miei pareri tecnici. Quest’anno mi sono cimentato con caparbietà piemontese nel voler ottenere il meglio dall’uva e dalla cantina. I risultati si vedono. Ho promesso al mio titolare che il suo prodotto non sarebbe mai stato facilmente imitabile, e non era una semplice battuta.»

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1964: la degustazione di Cristian Ridolfi, enologo della casa vinicola Bertani dal 2000 Il perché ci si affeziona a qualcosa, rispetto a delle altre, non è sempre frutto di un calcolo razionale o un dato che si può valutare ab2oggettivamente. L’Amarone 1964, per noi, custodisce il sapere Bertani: lo rappresenta dal punto di vista organolettico in maniera netta, immediatamente comprensibile, e da quello stilistico in quanto vino tradizionale ma sempre attuale. È un vino di 50 anni, con un una complessità e un’intensità organolettica sbalorditive, la percezione dei cui aromi parte dalla frutta, come la prugna appassita, per arrivare a profumi terziari ben evidenti: il tabacco, i fichi secchi. In bocca, la sua freschezza fa pensare a un vino molto giovane; tuttavia la sua complessità, la sua dolcezza e il perfetto connubio fra tannini e acidità sono il risultato di molti anni di affinamento.

1964: le note di Ernesto Barbero

ab4«Nel 1974 finalmente eravamo giunti alla fase conclusiva: l’imbottigliamento dell’annata ‘64. Avevo un certo timore, il vino non mi sembrava ancora pronto, ma dovetti procedere spinto dalle necessità di mercato. Le mie paure svanirono presto: il vino era buono. Quest’annata è risultata nel tempo molto longeva e il suo composito bouquet, in equilibrio tra tanninico, corposo ed elegante, si manifesta sempre con caratteristiche nuove e migliorative. Nel tempo, il 1964 ha assunto un complesso di profumi e pastosità nuovi, continuando a impreziosirsi.»